Se le origini, come detto, si fanno risalire all’epoca romana, è però nel corso dell’Alto Medioevo che il territorio comincia ad essere gestito in modo sempre più preciso dal nucleo abitato di Badia Tedalda. Risale infatti a quest’epoca la nascita del monastero benedettino di San Michele Arcangelo, i cui monaci avevano come principale occupazione lo sfruttamento della grandi foreste di Viamaggio e dell’Alpe della Luna. D’ora in avanti – e per diversi secoli – le sorti della comunità locale sono strettamente intrecciate a quelle del monastero. A partire dal XIII secolo, l’Abate dei Tedaldi arriva addirittura a costituire uno vero e proprio stato, con prerogative sovrane sulla Valmarecchia. E’ un primato, questo, che dura per oltre due secoli: dai primi anni del XV secolo l’Abbazia comincia infatti a perdere tali privilegi, ma quando Papa Leone X la offre in commenda all’Ospedale di S. Maria Novella di Firenze, torna agli antichi splendori. Va in questa direzione, fra l’altro la ricostruzione della chiesa abbaziale, risalente all’XI secolo.
Poi, nel luglio 1775, Badia Tedalda viene costituita in comunità, per volere del Granduca di Toscana Leopoldo I.
In tempi recenti, un momento in cui, drammaticamente, questo territorio ha incrociato i suoi destini con la “grande storia” è stato nel corso della fase finale della seconda guerra mondiale, quando l’esercito tedesco, in ritirata, costruisce sulle montagne circostanti le fortificazioni della Linea Gotica.
Ma parlando di tratti culturali, occorre sottolineare che le peculiarità dell’economia del territorio – legata fino a tempi recenti all’allevamento, allo sfruttamento del bosco e a un’agricoltura di sussistenza – hanno influenzato a fondo non soltanto i caratteri della cultura materiale, ma anche quegli aspetti che oggi si usa ricondurre al patrimonio della cultura immateriale. Rientra in quest’ambito, ad esempio, il fenomeno della transumanza, forma di allevamento del bestiame che ha previsto, per secoli, una doppio viaggio annuale di pastori e greggi alla ricerca dei pascoli (dagli alpeggi alla Maremma in autunno, e dai pascoli maremmani a quelli montani in primavera). E che ha finito per modellare tanto aspetti materiali (dagli attrezzi di lavoro ai capi di vestiario, dalle ricette culinarie ai rimedi contro le malattie), quanto linguaggi, mentalità, tradizioni. Tramontata da diversi decenni, quest’antica cultura agro-pastorale rivive oggi in alcune feste e in alcuni eventi, tra cui si ricorda qui “In bicicletta sulle vie della transumanza”, manifestazione che rievoca – usando la bici – il viaggio dei pastori (per info: www.inbiciclettasulleviedellatransuamnza.it)
A proposito di manifestazioni e feste; l’ultima domenica di settembre si tiene a Badia la festa patronale di S. Michele Arcangelo; il venerdì e il sabato precedenti (e nel giorno stesso della Festa) si svolge l’antica “Fiera del Ranco”.
Si tratta di una fiera del bestiame (se ne ha notizia già nel 1593), conosciuta in tutta l’Italia centrale; vi affluiva gente dalla Toscana, dalle Marche e dalla Romagna. Da alcuni anni però, per questioni logistiche ed organizzative, la fiera è stata trasferita dal Ranco alla vicina frazione di Ponte Presale (trasformandosi in mostra-mercato nazionale di esemplari selezionati di razza Chianina).
Il Ranco – va precisato – è una delle tante frazioni di Badia Tedalda. Era abitato, probabilmente, fin da epoche remote e nelle sue vicinanze è stato rinvenuto un tratto di selciato romano. Di certo, durante il Medioevo vi sorgeva un castello piuttosto importante e in seguito, nel XIX secolo, ha ospitato la dogana tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana.
In effetti, quando parliamo di Badia Tedalda parliamo anche delle numerose frazioni che compongono il suo territorio. Ecco qualche notizia su quelle che non abbiamo citato in altre pagine di questo sito.
Cà Raffaello. Situata nell’isola Toscana incuneata nel Montefeltro. deve il nome a Raffaello Cesarini, che ai primi del Novecento da Santa Sofia si trasferisce sulla riva opposta del Marecchia e costruisce qui – lungo la strada – la sua nuova abitazione, comprensiva di rivendita di Sali e Tabacchi (e in seguito di una trattoria che nel 1917 ospiterà anche Re Vittorio Emanuele III). Poi negli anni successivi intorno a Casa Cesarini vengono costruite altre abitazioni: è così che si forma Cà Raffaello (nella borgata Il Mulino si conservano ancora oggi delle antiche abitazioni; un tempo qui c’erano tre mulini per macinare grano e polvere da sparo, attualmente ne resta uno).
Cicognaia. Affacciata sulla valle del Marecchia e circondata da rigogliosa vegetazione, è un’antica località fortificata. Insieme a Santa Sofia Marecchia ha fatto parte dei territori della Badia Tedalda fin dal XIII secolo. E’ in questo periodo che viene costruito l’attuale castello, grazia anche al recupero dei materiali di un precedente fortilizio. Nel 1489 si sottomette a Firenze, poi è concessa in feudo prima ai Gonzaga di Novellara e in seguito a Fabrizio Colloredo Mels. Viene aggregata a Badia Tedalda nel 1799.
Monterotondo. Situata nell’isola amministrativa di Badia Tedalda, sulla riva sinistra del Senatello, fu in origine possesso della Chiesa, poi appartiene ai Gonzaga e ai Barbolani di Montauto. Nel 1774 il Granduca di Toscana lo acquistò per 6000 scudi romani. Un tempo esistevano qui un mulino per la polvere da sparo ed una polveriera, ma nella seconda metà del Settecento quest’ultima scoppiò. A Monterotondo sono presenti i resti della casa padronale di una facoltosa famiglia del luogo, i Gambetti, nota grazie a Nicola Gambetti, uno dei personaggi più misteriosi e riveriti del Montefeltro. Vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, riassumeva in sé le doti del guaritore e del medico, del mago e dell’alchimista, dello stregone e del pranoterapeuta. In queste vallate era conosciuto da tutti, poiché – in sella al suo cavallo – si recava presso chiunque – ammalato – chiedesse il suo intervento. Prestava a tutti le sue cure miracolose, a base d’erbe. Considerato da alcuni l’erede di Cagliostro, la sua impresa più nota si lega a una vicenda che chiama in causa la famiglia reale: Re Vittorio Emanuele III lo convoca a corte per aiutare la Regina Elena, in ritardo già di otto giorni nel parto; Gambetti, una volta al cospetto della regina, le pone il suo grande cappello sul ventre, e poco dopo la regina partorisce senza problemi.
Santa Sofia Marecchia. Questo borgo fu un antico stato sovrano, fra la contea di Monterotondo, lo Stato di Urbino, i Carpegna di Bascio e lo Stato Fiorentino (padrone della fortezza di Cicognaia). Fu, nel tempo, dominio dei Montedoglio, dei Gonzaga e dei Collorredo Mels. Poi nella seconda metà del XVII entrò a far parte del comune di Badia Tedalda. Santa Sofia aveva un castello con torre cilindrica, di cui si vedono ancora i ruderi. La chiesa parrocchiale era situata fuori le mura: di stile bizantino, era dedicata a Santa Sofia (santa cara al culto di Bisanzio). Suggestivi anche i piccoli nuclei abitativi sparsi nel territorio: Ortale, Capannello, Vizzo, Capriola Serra, Cabacelli, Cà di Guerra, Cà Federici, Vallunga, Cà Macchione (lungo il tragitto per tali località si possono ammirare ruderi di vecchi mulini ad acqua).